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GENITORIALITA': UN PAIO DI EQUIVOCI
Sgombriamo il campo da un paio di equivoci, mai così sopravvalutati in questo periodo di radicali cambiamenti sociali.
Quando si tratta di argomenti di rilevanza psicologica, e dunque di carattere scientifico, non basta usare il cosiddetto buon senso. Per quanto le persone siano convinte, quasi sempre a dire il vero, di essere nel giusto, e dunque di contribuire a disvelare una parte di verità, il buon senso non può essere la bussola attraverso la quale poter trarre conclusioni o costruire teorie sulle dinamiche psichiche che regolano le relazioni umane.
Quando si parla di matrimonio tra omosessuali ed adozioni da parte di famiglie omosessuali, non è possibile considerarle due dimensioni coincidenti. Forse lo potranno essere da un punto di vista giuridico; ma le molteplici variabili psicologiche che interessano non solo gli adulti ma soprattutto i bambini, non possono essere liquidate con la stessa facilità e, lasciatemi dire, supponenza. È questo un discorso troppo lungo da trattare in una piccola rubrica di psicologia, ma è indubbio che la giurisprudenza abbia acquisito negli anni un'eccessiva importanza in temi così delicati come quelli degli allontanamenti e degli affidi.
Detto questo, rimane la domanda inevasa da tutti, sia i convinti sostenitori delle adozioni omosessuali, sia gli altrettanto convinti avversari delle stesse: possiamo, come adulti consapevoli, in base alle conoscenze scientifiche di cui disponiamo finora, concludere senza ombra di dubbio che una relazione genitoriale in cui vi siano un padre ed una madre sia equivalente a quella in cui vi siano “solo” due padri o due madri?
Purtroppo la risposta ad oggi rimane negativa. E per motivi che non hanno a che fare né con la giurisprudenza, né con i diritti civili, né con il buon senso. Molte persone oppongono a questi dubbi dimensioni inequivocabili dell'esistente, a volte mutuate dalle loro stesse esperienze di vita. È indubbio che molte famiglie siano “disturbate”, ovvero che abbiano avuto, nel corso della loro parabola di vita, delle situazioni di difficoltà, di disagio, fisico o emotivo, anche molto gravi. Abbandoni, abusi, situazioni di deprivazione psicologica o economica sono purtroppo dimensioni ben conosciute a chi lavora nel campo dei Servizi di tutte le città italiane ed europee. Anche nelle famiglie apparentemente equilibrate, vi possono essere dinamiche di sofferenza, capaci di lasciare strascichi di dolore nei figli, che diventeranno così adulti problematici, magari con difficoltà relazionali, lavorative o sociali. Padri assenti, o incapaci di costruire un ruolo nella struttura familiare, o deboli; madri abbandoniche, o iperprotettive o eccessivamente autoritarie. La lista potrebbe essere molto più lunga. Tutto vero. Ma riconoscere la realtà di queste dimensioni di vita non permette né di eludere, né tanto meno di rispondere, alla domanda succitata.
Il fatto che le famiglie “normali” siano potenzialmente problematiche non può costituire o sostituire una risposta scientificamente adeguata; ci sarebbero troppi quesiti che, comunque, rimarrebbero inevasi. Facciamo qualche esempio. Essere omosessuali, come è ovvio, non rende le persone migliori o peggiori per definizione genetica; dunque anche in quel caso ci sarebbero padri e madri abbandoniche, violente, o inadeguate. In quei casi avremmo sufficienti conoscenze per sapere come reagirebbe il partner? Se un padre è violento, ad esempio, cosa farebbe l'altro partner? Fuggendo o attaccando? Sottomettendosi o combattendo? E come sarebbe vissuta la situazione dal bambino? Osservando un padre aggredire il partner, come vedrebbe l'altro? Ne avrebbe paura, generalizzando l'aggressività anche all'altro uomo (cosa che spesso si può osservare nei bambini che subiscono violenza o che l'hanno soltanto osservata, che spesso presentano segni di disagio o di paura in presenza di adulti dello stesso sesso dell'aggressore)? E se si arrivasse ad una conflittualità fisica, paritaria nel caso di due uomini, che effetto avrebbe su di lui? E i Servizi come potrebbero aiutarli? Gli strumenti oggi presenti sul territorio sono adeguati ad ospitare un padre che fugge insieme al figlio dall'altro padre violento?
E ancora. Quando si parla di dimensioni maschili e femminili non ci si riferisce a quello che il buon senso (ancora lui) ci potrebbe suggerire. Immaginare un uomo autoritario, con i pantaloni, e una donna sottomessa, con la testa china, pronta ad accettare qualunque richiesta, ci farebbe tornare indietro di cinquanta anni, e non renderebbe ragione degli sviluppi che la psicologia sociale ha fatto negli ultimi dieci. Parlare di maschile e femminile significa semplicemente questo: avere una famiglia nella quale vi sono due diversi modalità di interagire con il mondo, due differenti modi di costruire le relazioni e le aspettative. In ogni famiglia queste dimensioni si costruiscono in maniera specifica e assai poco universale; ognuno è padre e madre in modo individuale, per le esperienze di vita vissute in precedenza. Eppure, nelle famiglie eterosessuali, vi sono entrambe le dimensioni, che intersecandosi in molteplicità di modi diversi, permettono al bambino di conoscere la maggior parte delle sfaccettature relazionali con le quali dovrà interagire nel mondo adulto.
È possibile conservare la stessa ricchezza anche all'interno delle famiglie omosessuali? La scienza non ha ancora una risposta univoca in questo senso, e non è una questione che può essere relegata alla dimensione del coraggio o della grettezza degli uomini. La speranza è che la psicologia possa trovarne una nel futuro, per il bene, e nel rispetto profondo, degli adulti e dei bambini.