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L’INIBIZIONE EMOTIVA
La maggiore causa di disagio individuale e sociale degli ultimi anni è senza dubbio l’inibizione emotiva, intesa non solo come la difficoltà di comunicare le proprie emozioni agli altri, ma anche e forse soprattutto di accettare e comprendere i propri moti interiori, visti come elementi di inadeguatezza e fragilità, e come tali da nascondere e da evitare.
Le emozioni, almeno quelle fondamentali quali la tristezza, la gioia, il disgusto o la sorpresa, sono innate, così come la capacità di identificarle nell’Altro. Dunque la domanda è: perché, crescendo, fanno così tanta paura? Perché si giunge a considerarle alla stregua di nemici da cui difendersi, di segni di debolezza di cui faremmo volentieri a meno?
Occorre ricordare che viviamo in un contesto sociale nel quale apprendiamo a relazionarci con il mondo, sia esso esterno o interno, e dunque l’influenza degli adulti significativi con i quali interagiamo nell’infanzia e nella pre-adolescenza è enorme nel determinare la nostra futura identità cognitiva ed emotiva.
In molti contesti familiari esprimere le proprie emozioni è visto come elemento di vergogna, come segno di fragilità da rifiutare e non da accogliere e valorizzare. Quello che si insegna è il primato della razionalità, considerata come unico strumento davvero utile per interagire con il mondo esterno; il bambino viene rinforzato, in tal senso, a controllare e gestire il proprio mondo interiore, e a temerlo per il potere distruttivo che potrebbe avere. Essere in balia delle proprie emozioni è perciò considerato come il peggiore dei mali possibili, da un lato perchè esse provocherebbero la perdita del controllo, considerato ormai l’unico strumento con il quale poter affrontare il mondo, dall’altro perché sarebbero causa di giudizio negativo da parte dell’Altro, possibili strumenti di rifiuto e di ghettizzazione sociale.
La timidezza, la fobia sociale, gli eccessi di rabbia; ognuna di queste forme di disagio nasconde il cosiddetto schema di “inibizione emotiva”. L’individuo tenta in tutti i modi di tenere le proprie emozioni nascoste alla vista, propria ed altrui, di inibirle appunto, di non affrontarle né tentare di elaborarle. Le evita per la paura di poterne essere travolto, di diventarne schiavo, di mostrare una fragilità che nessuno potrebbe accettare.
I gruppi dei cosiddetti “emotivi anonimi”, ormai sempre più presenti e radicati anche in Italia, si ispirano agli “Alcolisti anonimi”, e come questi ultimi basano il percorso terapeutico su riunioni settimanali dove si è liberi di confrontarsi con gli altri partecipanti, di “sfogare” emozioni represse o taciute, di esporsi ad esse, riducendo da un lato l’ansia di sentirsi “nudo” di fronte agli occhi dell’estraneo, e dall’altro la portata di convinzioni del tipo “sarà terribile permettere alle mie emozioni di esserci, perché esse mi distruggeranno, e mi porteranno a perdere il controllo della mia vita”.
Questo è senza dubbio un percorso duro, faticoso, ma utile. Rischia, però, di non essere sempre sufficiente a risolvere il problema; di produrre sì dei benefici, ma di breve termine, e a volte, scarsamente generalizzabili in contesti differenti da quelli del gruppo di terapia. Se la paura delle proprie emozioni è intimamente correlata ad uno schema di Inibizione emotiva, è necessario affrontare le origini dello stesso, cercando di limitarne la portata con un percorso cognitivo, emotivo e comportamentale individuale, con l’uso di una relazione terapeutica più stretta e più immediata di quello che questi gruppi di supporto permettono. È sempre più importante, ormai, saper distinguere tra supporto e terapia; una differenza non più, o non soltanto tecnica, ma soprattutto qualitativa. Avere la capacità di comprendere il bisogno di sostegno è senza dubbio un elemento importante nella cura del disagio; ma essa rischia di essere insufficiente se non è accompagnata da una terapia vera e propria, l’unica capace di affrontare senza se e senza ma la paure più profonde, le credenze più distorte, e di promuovere quel benessere a cui tutti dobbiamo legittimamente aspirare.