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IRONIA TERAPEUTICA
Negli articoli sulla recente scomparsa di Raimondo Vianello, la maggior parte dei commentatori, televisivi e non, ha condiviso l’idea che la sua caratteristica più importante fosse l’ironia e l’intelligenza con cui ne faceva uso.
L’ironia è un atteggiamento di bonaria irrisione, di superiore distacco dalle cose, ma anche la messa in ridicolo, la sarcastica deformazione di una cosa, di una persona, o di un concetto. È un’arma potentissima, attraverso la quale possiamo “distanziarci” dalla realtà, cercando di vederla per come veramente è, più che per come essa ci appare.
Saper usare l’ironia non è solo importante per vivere meglio, o per riuscire a strappare un sorriso agli altri; essa è anche una vera e propria arma terapeutica, usata spesso nel trattamento di diversi disturbi psicologici.
La maggior parte dei disturbi, siano essi di matrice ansiosa o depressiva, sono caratterizzati da aspettative o credenze irrealistiche, ma alle quali la persona crede “ciecamente”, come se fossero teorie che non hanno bisogno di essere provate. Tali assunti immutabili influenzano il modo di “vedere” il mondo, di relazionarsi ad esso, arrivando a veri e propri “errori cognitivi”, che permettono di rafforzare ulteriormente tali convinzioni. Se, ad esempio, una persona depressa crede che nessun amico si preoccupi di lui, tenderà a ricordare o a prendere in considerazione solo le situazioni nelle quali gli amici gli hanno rifiutato un aiuto o non lo hanno chiamato per uscire insieme, rendendo l’aspettativa realistica, e dunque peggiorando il proprio tono dell’ umore.
Una persona con attacchi di panico, d’altra parte, credendo di poter morire da un momento all’altro, leggerà l’aumento dei battiti del proprio cuore come la prova ineccepibile di un imminente attacco cardiaco, “catastrofizzando” un sintomo giudicato normale dalla maggior parte delle persone.
Indipendentemente dagli schemi che sottendono tali credenze, la terapia di questi disturbi si basa, in prima battuta, sulla destrutturazione di queste aspettative, con l’obiettivo di aiutare il paziente a considerarle semplicemente delle ipotesi, delle possibilità, e non realtà effettive.
Ciò che può sembrare semplice per persone che non hanno mai convissuto con problemi psicologici di alcun tipo, non lo è affatto, soprattutto quando l’individuo ha strutturato la propria vita intorno a tali credenze irrazionali. Pur comprendendone spesso l’irrealtà, l’identificazione è così forte da impedirne la ristrutturazione, la confutazione, in una parola il distanziamento.
Ecco perché l’ironia può essere uno strumento terapeutico molto potente; mettendo in ridicolo convinzioni che il paziente ha per anni difeso strenuamente, lo può aiutare a comprenderne l’infondatezza, l’ irrazionalità di fondo che le caratterizza.
Invece di tentare di contrastarle “attivamente”, solo sul piano dei contenuti, utilizza il principio del “rotolamento” usato dalle arti marziali, usando la forza dell’avversario contro di esso. Più una convinzione è tenace, monolitica e irrazionale, più è facile metterla alla berlina, irriderla, smascherane il “bluff”.
Un piccolo esempio. Un paziente, venuto in terapia perché si sentiva sempre in ansia, “tirato come una corda di violino”, aveva l’ irrealistica convinzione che solo facendosi carico di tutte le responsabilità, anche e soprattutto non sue, potesse dimostrare a sé stesso ed agli altri il proprio valore personale. Questa “regola di vita” era così radicata nella sua esperienza che pareva impermeabile a qualunque tipo di ragionamento critico tentassimo di fare. Finché un giorno gli dissi: “Mi tolga una curiosità, la usa anche lei la cabina per mettersi il costume?” E lui, un po’ sconcertato: “Quale costume?” “Beh, il costume da superman”.
Scoppiò a ridere, di gusto, per la prima volta da quando avevamo iniziato a vederci. E quel momento fu l’inizio di un percorso nuovo per lui, nel quale aveva compreso “emotivamente” che quelle sue convinzioni, forse, potevano essere un po’ esagerate.