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MAL DI NATALE
Le festività natalizie che si stanno approssimando sono senza dubbio le più attese e le più preparate dell’anno. Esse rappresentano, spesso, un momento di riunificazione familiare ed amicale, uno stimolo alla ricerca di affetti, di calore, di vicinanza, finanche un contesto emotivo nel quale potersi sentire protetti, anche solo per pochi giorni, dalle ansie e dalle difficoltà della vita quotidiana.
Eppure, in questo periodo dell’anno vi è un significativo aumento dei vissuti depressivi, sia in persone già interessate dal disturbo, sia in soggetti mai neppure sfiorati dal più piccolo disagio psicologico. Anche se qualche clinico è arrivato addirittura a coniare il termine di “depressione di Natale”, non credo sia corretto utilizzare una simile definizione, soprattutto per il fatto che la tristezza e la tendenza all’apatia che caratterizzano questa forma “depressiva” poco o nulla hanno da spartire con il disturbo vero e proprio. Ciononostante, chi soffre di questa “abulia emotiva”, si sente soverchiato dal senso di malinconia e di colpa, in uno stato di profonda dissonanza emotiva che da un lato lo induce a chiudersi in casa fino alla fine delle festività, e dall’altro lo fa sentire colpevole nei confronti delle persone che gli stanno intorno, e della felicità che “tutti” dovrebbero avere la capacità di vivere in questi giorni.
Sono certamente molte le possibili spiegazioni di questa particolare forma di sofferenza; la paura di non riuscire ad essere all’altezza delle aspettative di gioia e di condivisione che il Natale sottende più di ogni altra festa; lo stress dei preparativi e dei regali; lo stress della “socializzazione forzata”; la consapevolezza di essere lontani e diversi dalle persone che, invece, dovrebbero costituire gli elementi centrali della vita affettiva. Penso tuttavia che queste non riescano a spiegare a fondo i motivi che conducono così tante persone, da un punto di vista psichico del tutto “sane”, a vivere questo disagio emotivo.
Una delle tendenze più forti della mente umana è senza dubbio quella di “rimuginare”, ovvero di pensare continuamente a quello che accade, alle situazioni problematiche ma anche a quelle apparentemente serene. Questo ha portato i clinici a pensare che questa forma di pensiero avesse due differenti e possibili funzioni. Da un lato quella di cercare una soluzione ai problemi; dall’altro quella di cercare tutte le possibili informazioni dall’ambiente esterno utili per comprendere se nostro comportamento si avvicina agli obiettivi prefissati e dunque alla realizzazione delle aspettative.
Se da un certo punto di vista la ruminazione può anche avere degli esiti positivi, nella maggior parte dei casi quello che ne consegue è di provocare inutili stati di stress, perdendo preziose energie cognitive ed emotive nel tentativo di trovare soluzioni a problemi che spesso non possono essere risolti, o comunque, non nel momento presente. Se ho appena finito una relazione affettiva nella quale credevo molto, ed ovviamente sto soffrendo per questo motivo, la ruminazione mi porterà a pensare a quello che è accaduto, alle emozioni che sto provando, nel tentativo fallimentare di “risolvere” in qualche modo la situazione. Ma è possibile affrontare razionalmente un disagio eminentemente affettivo? In effetti no. Infatti, solitamente, la conseguenza di questa rimuginazione è quella di iniziare a pensare ai motivi della sofferenza, nel tentativo di poterne venire a capo, di averne il controllo, arrivando tuttavia ad etichettarsi e a giudicarsi negativamente (“se tutte le mie storie finiscono così male vuol dire che sono proprio un fallito, tanto vale smetterla”), aumentando il proprio vissuto di sofferenza.
Le festività natalizie sono spesso il contesto ideale di ruminazione, essendo un momento di bilanci, di riflessioni, di aspettative per l’immediato futuro. E dunque, una causa potenziale di stress, di paure, di angosce per quello stesso futuro. Dobbiamo cercare di aumentare la consapevolezza dei nostri vissuti emotivi e cognitivi per non perderci nella rimuginazione; e, nel contempo, dobbiamo sforzarci di fare nostra la tendenza ad “essere” e non a contrastare o a “risolvere” quello che viviamo.
Provate a fare questo breve ma semplice esercizio tutte le sere, magari prima di andare a qualche cenone. Concentrate tutta la vostra attenzione su una delle tante decorazioni con cui avete addobbato la vostra casa. Provate a guardarla come se non l’aveste mai vista. A respirare con tutto quello che vedete, che sentite, che provate in quel momento. E quando i pensieri si affacceranno alla vostra consapevolezza, osservateli per un attimo, e con gentilezza ritornate alla vostra decorazione.
Fatelo per almeno cinque minuti. Scoprirete un’abilità nuova nella gestione dei pensieri e delle preoccupazioni. E, forse, riuscirete a farvi uno dei migliori regali di questo Natale.