ARTICOLI PUBBLICATI
ARTICOLI PUBBLICATI
TRAUMI
La notizia riguardante il militare americano di stanza in Afghanistan, colpevole di aver ucciso sedici civili in un villaggio vicino a Kandahar, colpito da un “raptus” apparentemente inspiegabile, oltre ad aver rinfocolato le polemiche negli Stati Uniti sull'opportunità di continuare una guerra infinita, ha gettato luce su un problema presente sin dalla guerra del Vietnam, quello della salute mentale dei soldati. Una salute che, a giudicare dalle vicende recenti e dalle ricerche condotte dalle forze armate delle diverse amministrazioni americane, pare sempre più precaria e cagionevole. Quasi 400 mila soldati americani soffrono di problemi psicologici; disagi che non cessano “magicamente” quando essi tornano a casa, ma che mantengono inalterati i loro effetti devastanti, sul piano personale, relazionale e sociale. Secondo un rapporto del 2007 il 25% dei senza tetto negli Stati Uniti sarebbero veterani. E i reduci che soffrono del disturbo post traumatico da stress, nel 2006 avevano raggiunto l'enorme cifra di 260mila.
Il disturbo da stress post traumatico (il cosiddetto PTSD) è nato, in effetti, come disturbo dei reduci del Vietnam; in una guerra diversa da tutte le altre, senza un fronte, né nemici facilmente definibili, dove le violenze contro i civili erano diventate quotidiane, fossero scelte consapevoli o errori dettati dal particolare teatro di guerra, i traumi vissuti furono così forti da sconvolgere i soldati fino a perseguitarli una volta ritornati a casa. L'ansia, i vissuti depressivi, le difficoltà legate al sonno, spesso infarcito da incubi terribili, l'incapacità di concentrazione, le difficoltà relazionali, la bassa autostima erano sintomi apparentemente inspiegabili che si correlavano al peggiore di tutti gli indicatori di disagio: i cosiddetti flashback. Essi sono la variante più caratteristica del disturbo da stress post-traumatico; i soggetti rivivono le situazioni che hanno contribuito a generare il trauma, come se avvenissero nel momento presente, e dunque con la stessa potenza emotivamente distruttiva. I flashback non sono semplici ricordi, magari particolarmente vividi; sono dei veri e propri “viaggi nel tempo”, nel corso dei quali la persona rivive emotivamente, fisicamente e psicologicamente gli eventi terribili vissuti nel passato. Immaginate di rivivere, senza alcuna possibilità di controllare la situazione o di poterla anticipare in qualche modo, l'evento più doloroso e spaventoso della vostra vita, e di riviverlo come se non fossero passati mesi o anni, ma come se esso avvenisse nel momento presente, portandosi con sé le stesse reazioni di terrore e di sofferenza.
Dopo gli anni '70, quando il PTSD venne introdotto nelle classificazioni internazionali dei disturbi psichici, divenne chiaro che esso non era soltanto un disturbo dei veterani militari, ma che poteva essere facilmente riscontrabile nella popolazione “normale”, laddove vi fossero stati vissuti traumatici di tipo differente. Sopravvissuti a catastrofi naturali, ad incidenti stradali, a rapine, vittime di violenze fisiche e sessuali: essi erano tutti potenziali pazienti affetti da disturbo post traumatico, con tutto quello che esso significava da un punto di vista clinico e terapeutico.
Seppure oggi vi siano stati grandi progressi nello studio e nel trattamento di questo disturbo (l'EMDR è oggi la terapia d'elezione), esso ci pone di fronte ad un'evidenza che spesso tentiamo di evitare, riponendola in un angolo delle nostre coscienze: la fragilità della nostra mente. Gli esseri umani sono orgogliosi del loro cervello, uno strumento così sofisticato da essere stato evolutivamente vincente per migliaia di anni. Questo, però, fa dimenticare loro quanto esso poggi su equilibri molto fragili, mantenuti con difficoltà in un mondo mutevole, dove spesso è necessario trovare una mediazione tra il desiderio umano di trovare e mantenere la felicità, e l'instabilità della realtà circostante. Spesso, infatti, i traumi non vengono declinati tanto dalla loro oggettiva manifestazione, ma dal vissuto individuale, dalle attese, e dalla sensazione di inadeguatezza ad affrontare l'inatteso, per questo spesso considerato drammatico e terrificante.